mercoledì 11 gennaio 2012

La sfida


Pochi giorni fa un mio studente della classe 2.0, al termine di una lezione "digitale" che tra l'altro a me era sembrata anche ben riuscita, si è alzato per rimettere a posto il suo computer nell'armadio e mi ha detto: " Prof. Sa cosa le dico? A me piacerebbe più ritornare a studiare sul libro e scrivere sulle pagine di un quaderno di carta. " A quel punto anche un'altra ragazza ha fatto la stessa osservazione ed io ho chiesto loro di spiegarmi il motivo di queste loro affermazioni. Tutti e due mi hanno risposto: "Perchè è più scuola, perchè è quello che noi abbiamo sempre fatto, perchè per noi la scuola è questo". Un altro ragazzo a questo punto è intervenuto dicendo che questo nuovo modo di apprendere è bello, ma si dovrebbe cominciare con i ragazzini della prima elementare che imparerebbero a vedere il computer come un quaderno, come uno strumento per lo studio e non come lo vedono loro, giochi, chat, musica e roba da scaricare gratis. Altri poi sono intervenuti, soprattutto gli studenti reduci da svariati insuccessi negli anni precedenti, sostenendo invece che con questi strumenti erano riusciti ad interessarsi e svolgere lavori che mai avrebbero sognato di fare. Ne è nato un breve dibattito interrotto purtroppo dal suono della campanella. Impossibile non riflettere su tutto questo. Questi ragazzi stanno imparando ad apprendere in un modo nuovo, stanno facendo progressi, ma sentono la fatica di apprendere in un contesto diverso, molto più vicino e simile a quello che hanno fuori dalla scuola. Se il cambiamento è duro per noi, credo che sia altrettanto duro per loro. Le pareti della classe sono cadute. Non sono più protetti dal silenzio dell'aula, dal posto fisso, dalla mancanza di distrazioni che era l'elemento caratterizzante della loro scuola. La fonte di conoscenza non è più unica e loro devono valutare, scegliere, chiedere spiegazioni all'insegnante per poter portare a termine un lavoro. Sono spesso obbligati a confrontarsi con gli altri per ottenere risultati . Ma questo sarà il mondo che li circonderà una volta finita la scuola, il mondo in cui dovranno continuare ad apprendere consapevolmente per avere successo. Lì non ci sarà l'insegnante che ti dice cosa fare, che ti toglie il cellulare perchè stai chattando. Dovranno capire da soli come continuare a crescere e progredire con tutto quello che ti può distrarre intorno. Anche per noi insegnanti la sfida non è   facile. Anche per noi le pareti della classe sono cadute e la cattedra non c'è più. Ci troviamo ad avere a  che fare con studenti che hanno tutti i www....a portata di un click mentre noi parliamo. Sta a noi ora trovare  la strada per suscitare curiosità e desiderio di competenza che sono alla base della volontà di apprendere. Gli strumenti non ci mancano.     Il dibattito comunque resta aperto... 

9 commenti:

  1. Ah,ah! Una sfida durissima! Scusate se commento per prima il mio post..ma appena pubblicato quanto ho scritto sopra, l'occhio mi è caduto a destra del post, sui blog da seguire, Catepol 3.o.. leggete il post "tanto non se ne accorge".

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  2. La virtù sta nel giusto mezzo, diceva Aristotele. Non è la mia una resistenza preconcetta alla tecnologia, lo è piuttosto alle mode che entrano a pieno titolo anche nella scuola. Se la tecnologia può essere uno strumento per la strutturazione di un'intelligenza, ci sto, se è invece un seguire una moda, o peggio uno strumento per accattivarsi simpatie, per essere per forza alternativi, allora non ci sto più. Tanto che i ragazzi possono sentirsi invasi dal nostro ringiovanimento non naturale, ma imposto dalle tendenze. Usiamo pure gli strumenti, ma lasciamo a loro i linguaggi.
    Aiutiamoli soprattutto ad entrare in quei linguaggi che loro spontaneamente non sceglierebbero mai...
    Sento il bisogno di svecchiare i miei metodi tanto quanto quello di "invecchiare" un po' i loro, se riesco a spiegarmi...
    E forse un giorno sul serio ci incontreremo.

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    1. Se non facciamo resistenza alla tecnologia, perchè pensare che possa essere una moda? Non è questa una resistenza mal celata?
      Il cambiamento viaggia con la tecnologia.
      E non credo proprio che possa viaggiare diversamente.

      I cambiamenti politici , i mutamenti sociali, le rivoluzioni culturali che hanno caratterizzato la storia umana dalla più recente alla più antica è disseminata della forza della tecnologia (l’intelligenza che si fa macchina) promotrice del cambiamento stesso.

      Una domanda: ma come possiamo pensare che la scuola possa formare giovani generazioni in grado di cogliere la complessità del nostro tempo per viverlo, assecondarlo, correggerlo o migliorarlo se non facciamo neppure entrare il vento rivoluzionario, rappresentato da INTERNET, che sta soffiando in tutto il mondo?

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  3. ..si potrebbe iniziare con " così parlò bellavista" ( il romanzo di Luciano De Crescenzo) dove il professore con le sue lezioni incentrate sulla bipartizione degli esseri umani dibatte tra coloro che tendono all'amore e coloro che tendono alla libertà....il dilemma spesso è proprio il cambiamento.. perchè il cambiamento è sfida, è rischio, è destrutturare, è crescere, è il nuovo, è ciò che si avvicina, è ciò che guardiamo....! non sono i mezzi o gli strumenti il fine o l'orizzonte del "nuovo", non sono neanche gli occhialini in 3D a modificare le cose... siamo noi! se guardo avanti, se guardo creativo, se guardo senza frontiere... tutto ciò che oggi è "novità" già è passato. i ragazzi oggi hanno bisogno di "abitare" spazi sempre più grandi, più profondi...più emozionali..e noi siamo pronti?

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    1. Concordo su tutto e rilancio.
      Siamo convinti che l’insegnante di una classe, il Consiglio di Classe, il Collegio dei Docenti, un Istituto intero siano davvero capaci di leggere il mondo partendo dalla propria esperienza didattica e professionale?
      Se la risposta è si, non è comprensibile come il sistema scolastico venga accusato di non funzionare, visto che tutti i soggetti che ho citato si autorappresentano sempre come positivi.
      Se la risposta è invece “no”, allora bisogna modificarsi in fretta prima che tutto l’edificio ci cada addosso.

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  4. Ah sì, per rispondere ad Aldo, i giovani sono espertissimi di tecnologia...ma li avete mai fatti scrivere un documento in Word? Quest'anno da me hanno conosciuto il significato di "giustifica". Molti non distinguono il valore del grassetto, del corsivo, del sottolineato... gli spazi prima della punteggiatura (che non vanno) e magari non dopo (dove invece andrebbero). Poi magari si sanno muovere nella rete a velocità neutriniche, ma non che poi sappiano distinguere con molta padronanza la diversa validità delle fonti. Quindi certo che la tecnologia deve entrare nelle scuole, ma anch'essa necessita di un'attività da parte nostra di prima alfabetizzazione. Nel senso che non ci sto a sentirmi sempre inadeguata di fronte alla presunta competenza dei nostri giovani, che spesso è dettata dall'improvvisazione e dalla pressappochezza.
    Vogliamo parlare delle tesine d'esame? Del valore di stilare bibliografie e di non impossessarsi indebitamente di parole di altri? Si fa fatica ad utilizzare i testi in classe, ma anche le tecnologie richiedono serie e consapevoli supervisioni da parte nostra. Molto serie.

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    1. @lorena
      Ma come potrebbero i nostri allievi sapere cosa vuol dire "giustifica" se nessuno mai gliel'ha insegnato? Come possono produrre mappe concettuali per presentarsi all'esame di Stato se nel corso dell'anno nessuno mai li ha preparati a questo? Vanno a scuola o no? e se queste cose non le sanno fare mi dici a che serve andare a scuola?
      Vogliamo restituire alla scuola il suo compito principale che è quello di insegnare qualcosa a qualcuno?
      Oppure crediamo che il compito della scuola sia quello di insegnare ciò che la scuola ha deciso di insegnare e poco conto se nel nuovo millennio altre sono le competenze richieste?
      Ultima domanda:
      Ma è la scuola che deve avvicinarsi al tempo in cui e per cui insegna o è il tempo che deve rinunciare a ciò che è per compiacere la scuola che è rimasta indietro nella stessa comprensione del tempo?

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  5. Riprendo lo spunto di Renzo Menga...il cambiamento: de-strutturare l'ambiente scuola tanto da disorientare gli alunni. Colmare il gap tra scuola e società è una grande vittoria per tutti i docenti!Buon lavoro, Gina e grazie per la riflessione.

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  6. Colmare il divario tra scuola è società è la prima delle priorità a cui siamo chiamati.
    Credere che lo si possa fare de-strutturando l'ambiente di apprendimento, attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie, lasciando invariato tutto il resto, è fuorviante e destinato a produrre malintesi e sicuri fallimenti.
    Credo che dovremo, anche nelle nostre conversazioni, non perdere mai di vista il necessario nesso tra lo strumento e il fine.
    Ben vengano le novità "WEB2.0" perché le medesime possano trasformare la scuola delle conoscenze nella scuole delle competenze. E sono certo che arriveremo davvero alle scuola delle competenze solo attraverso l'utilizzo degli strumenti WEB2.0

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