lunedì 9 settembre 2013

...voglia di tablet...

Il nuovo anno scolastico comincia con l'invito a riflettere sull'uso del tablet in classe. Sarà possibile sostituire i libri di testo con un tablet e mettere nell'armadio i vecchi zaini? Il primo passo a mio avviso è sapere cosa dicono gli insegnanti che stanno già lavorando con i tablet in classe. Propongo quindi di leggere questa interessante intervista alla prof.ssa Bardi, massima personalità italiana in fatto di e-learnig, scuola digitale e digitalizzazione della didattica. Un’autorità in materia, nonché un’eccellenza Italiana nel mondo. Insegnante di italiano e latino al liceo Lussana di Bergamo, artefice prima dell’adozione degli iPad in classe, fondatrice e Vice Presidente del Centro Studi ImparaDigitale ma soprattutto pioniera di un metodo didattico assolutamente inedito, destinato a fare scuola in tutto lo Stivale: la Tablet-School.


Dott.ssa Bardi. Cosa si intende in breve per sistema scolastico 2.0 e per scuola digitale?
La scuola digitale e il sistema scolastico 2.0. è un sistema scolastico rivisto nel metodo d’insegnamento, che utilizza le tecnologie in maniera equilibrata, che si basa su competenze mixate a metà tra il tradizionale e il moderno, e che vede nelle nuove tecnologie semplicemente uno strumento didattico imprescindibile, calibrando le modalità di fare didattica su esigenze nuove: laboratori , partecipazione, condivisione, interattività, co-creazione in rete.
Di cosa si occupa e cos’è una Tablet School? Quali sono i pro e i contro di una scuola digitale?

Tablet School

Io personalmente mi occupo di Tab-learning. La mia è cioè una Tablet School, la prima in Italia. Io e i miei ragazzi, cioè, lavoriamo con i tablet nella didattica giornaliera, ad es. collaboriamo alla creazione di ebook, i ragazzi si dividono in gruppi, lavorano con gli strumenti digitali in team, come si faceva nelle botteghe artigianali medioevali, ma in generale faccio formazione e siamo attenti ad ogni novità tecnologica che ci propone l’attualità. Tecnologie mobili, cioè dinamiche, agili che possono aiutare gli insegnanti e i ragazzi, attraverso una didattica più flessibile e sensibile, a sintonizzarsi meglio, a comunicare secondo modalità che sono diventate quelle della vita di tutti i gironi (ipad, tablet ecc). Ricordo che sono stata la prima a portare l’Ipad in una scuola Italiana, nel 2010, ancora prima che arrivasse sui mercati in Italia. In America era uscito in maggio-giugno, io invece l’ho avuto a luglio. I miei colleghi solo più tardi. In Italia c’è un grave problema di aggiornamento del corpo docente. I nostri ragazzi sono assai più intuitivi, creativi, curiosi di noi adulti. Usano le tecnologie con una competenza disarmante, sono bravissimi. Mi dica, come fa un professore ad accompagnare il ragazzo verso un uso consapevole dello strumento se prima non scende dalla cattedra e prova a confrontarsi orizzontalmente con loro, servendosi dei linguaggi e strumenti che ci impongono di rinnovarci come docenti? Se non capiamo che per educare bisogna saper leggere le novità, noi questi ragazzi li perdiamo, mi creda. Non importa che un professore sappia usare 1, 2, 3 applicazioni e il ragazzo 100. L’importante è riuscire a cogliere l’opportunità offertaci dalle tecnologie di modificare, adattare la didattica, ritagliare uno spazio di interazione nuovo, rinnovato, senza ovviamente perdere di vista gli obiettivi fondamentali ma senza nemmeno perdere l’attenzione per la tecnologia e farci sopraffare da questa ansia di essere tecnologici a tutti i costi. Dobbiamo ecco aiutare il ragazzo a diventare protagonista di questa era, a sviluppare e creare un proprio metodo di apprendimento, un metodo personalizzato, congeniale, alternativo a quello che si impara sul banco tradizionale che va scoparendo. Un metodo che li aiuta a selezionare con coscienza i materiali, a distinguere l’utile dal meno utile o dall’inutile, a differenziare e a riconoscere i pericoli della rete che sono tanti. Migliore o peggiore, lo lasciamo decidere ai ragazzi.I miei ragazzi fanno come vogliono, chi vuole porta il tablet, ma non siamo certo contro la carta e la penna. I libri sono digitali, i cartecei non li ho adottati perché non consentono una giusta trasversalità. Sono molto limitanti, però non li metto da parte perché ci mancherebbe altro.

Tablet a Scuola

Nella scuola digitale passato e presente possono e devono convivere. Il digitale non deve cancellare il tradizionale, ma integrarlo, assimilarlo per migliorarlo. I contenuti devono rimanere quelli tradizionali, cambiano solo le modalità di acquisizione di queste conoscenze. saper leggere, saper scrivere e saper far di conto…queste rimangono la priorità assoluta. A noi interessa solo che il metodo sia in linea con quello che è nelle sue corde, nelle sue capacità anche perché essere in rete significa responsabilità, lavorare in sinergia con gli altri, su molte fonti diverse, anche contemporaneamente, condividere metodi e saperi e strutturare la propria mente in maniera critica e versatile. Poi chiaramente è compito del ragazzo rielaborare ciò che impara attraverso la rete e gli strumenti informatici, su questo non ci piove. Noi insegnanti dobbiamo solo mostrare loro la necessità che diventino cittadini di un mondo, quello digitale, che non è anarchia totale, come si tende a pensare, ma un mondo che ha le sue regole. Ed è appunto il rispetto di queste regole il messaggio che la scuola, l’università, l’istruzione tutta deve far passare: la tecnologia a servizio della scuola, non il contrario. I nativi digitali sono bravi, svelti, competenti…ma non nascono imparati. Bisogna accompagnare questa predisposizione armonicamente, senza traumi, orientandola nella direzione più utile per gli studenti.

Per la scuola digitale occorre la banda larga

Poi abbiamo un grave problema di ordine infrastrutturale se vogliamo: il grande ostacolo alla scuola digitale italiana è l’insufficienza della banda larga. Certo ci sono dei costi altissimi di cui io per prima sono consapevole. Ma bisogna essere lungimiranti e pensare by steps,sicuri che gli investimenti menti e i sacrifici che facciamo oggi ci ripagheranno un domani non una ma dieci, cento mille volte. Conosco bene i problemi della scuola italiana. Servizi prima carenti, mancano aule, banchi, sedie, carta per le fotocopie e persino la carta igienica,Però come dico sempre a chi me lo chiede: la carta igienica e i fogli bianchi uno può portarseli dietro anche da casa estrema ratio, ma la banda larga no. Cominciamo ad implementare quella e non ci pentiremo! Noi con la nostra rete, Impara Digitale, abbiamo un po’ fatto scuola. Oggi raccogliamo 25 scuole, però dopo Generazione Web, un bando che ha portato alle scuole della Lombardia 12 milioni di euro e che ha convinto l’Ufficio Scolastico Regionale a chiamarci per fare formazione alle 350 scuole della Regione…per dire. Le risorse ci sono. Io ho convegni in tutta Italia, perché c’è un bisogno enorme da parte dei professori di capire cosa devono fare per dotarsi di metodi di insegnamenti sempre più all’avanguardia e poter condividere ed orientare attivamente l’interesse tecnologico dei loro ragazzi. Spesso si dice che la scuola non ha i soldi per andare avanti, mancano i laboratori, i soldi per la carta igienica ecc ed è innegabile questo, ma non si può risparmiare sul futuro dei ragazzi. La scuola digitale non è un capriccio, una moda ma una necessità che i tempi ci impongono. Poche scuse, bisogna lavorare in questa direzione. Altrimenti perdiamo i nostri ragazzi, perché questa è la strada che ci indica l’attualità. Non si può fare una didattica tradizionale quando il mondo gira nel verso opposto. Non è solo una questione di risorse.”
Ritiene che le app per lo studio possano rappresentare una supporto didattico valido o, al contrario, un fattore disincentivante per il ragazzo, sempre più tecnologizzato ma spesso inconsapevole circa il giusto utilizzo degli strumenti informatici? E i social network?

App per lo studio

Le applicazioni sono ormai il pane quotidiano dei nostri ragazzi, non si può chiudere gli occhi e bollare tutto come superficiale, inutile….Dipende tutto dall’uso che facciamo delle tecnologie. Che ben vengano le app per lo studio se sono pensate per fini didattici e non per altre cose. Il ragazzo ha bisogno di strumenti che siano tarati sulle proprie esigenze e che egli stesso possa “personalizzare” per sviluppare al meglio metodi ed abitudini cognitive sempre più vantaggiose. Io parlo sempre di tecnologie per la didattica e non di tecnologie nella didattica. L’introduzione non deve essere forzata, ma coscienziosa, ragionata. Noi di Impara Digitale abbiamo stilato una classifica di app per lo studio consigliabili e di provata utilità, Mi vengono in mente Dropbox, Wikipanion, Notability, iStudente,Itunes U ed iUni per gli universitari…tutte applicazioni utilissime.
Sono invece contraria all’impiego dei social network nella didattica, opinione personale. Non li preferisco, non riesco a trovare una collocazione all’interno della didattica. Bisogna imparare a distinguere che ci sono prodotti e strumenti pensati per lo studio e altri che vanno ben per altro, tempo libero, attività ludiche ecc sono anche essi una realtà importante nella vita dei ragazzi, ma non necessariamente bisogna sforzarsi di trovare ai social un’utilità didattica. Io non sono d’accordo, poi ognuno fa come gli pare.
Le applicazioni, se possono aiutare la didattica, integrandola e non scavalcandola, sono ben accette. Rispondono a bisogni che possono agevolare di molto sia l’insegnamento che l’apprendimento. Devo aggiungere altro? (ride)”
C’è qualche differenza nel rapporto/consumo di tecnologie e applicazioni per lo studio tra studenti? Ad esempio tra ragazzi delle medie, delle superiori, universitari?

Scuola digitale e differenze nelle scuole

Sicuramente più si va avanti, più i nostri nativi sviluppano una capacità tecnologica quasi istintiva. Forse i ragazzi più grandi, più vecchi di qualche generazione, penso agli universitari di oggi, forse sentono la nostalgia della carta e della penna più degli altri…sono legati per dire ad una visione romantica della scuola, che vedono scomparire, Ma dire che si stava meglio prima è un po’ la prerogativa di tutte le generazioni più anziane. Mi fa male, ad esempio, trovare l’Italia fanalino di coda in molte classifiche…ma i nostri ragazzi sono tra i più bravi d’Europa. Nei convegni che organizzo per spiegare a scuole, università ecc il metodo Tablet School di solito faccio intervenire via streaming o direttamente dal palco ragazzi giovanissimi, 14-15 anni abilissimi, informatissimi spesso più degli adulti. Non le dico le domande che fanno..la puntualità, la competenza, la complessità. Dobbiamo convincerci ad investire, ma non investire tanto per. Dotare la scuola di strumenti tecnologici adeguati non significa dire “ecco le tecnologie e fai quello che vuoi”, è come guidare la macchina senza patente. Prima o poi sbatti. Più prima che poi. La vocazione tecnologica nei nostri ragazzi c’è ed è un punto di partenza fondamentale. Per questo la scuola non deve rimanere indietro. Bisogna essere obiettivi: la tecnologia è un impegno, una realtà con la quale facciamo i conti ogni giorno. Mi dica lei oggi se c’è ancora in Italia un ragazzino, anche piccolissimo, che non ha dietro un ipad, iphone, tablet ecc. Quello che serve è aiutare i ragazzi a capire che in quel tablet, in quell’ipad ci sono delle opportunità, delle possibilità. Una miniera di cose belle che impari a comprendere solo quando la scuola ti educa a guardare oltre la banalità di certi usi”.

venerdì 7 dicembre 2012

PER TUTTI QUELLI DEL TUTTO O NIENTE

Miriadi di riflessioni sui nostri ragazzi, sulle loro psicologie e tendenze, fino quasi ad assumerne, concedetemi,   le caratteristiche del loro pensiero adolescenziale, quello del bianco o nero, del tutto o niente. Tutta tecnologia, niente tradizione, tutto futuro, niente passato. Sarà che io più invecchio, più sono per il grigio, o in maniera più dotta per la virtù del giusto mezzo.
Certo, se entriamo in classe con un atteggiamento cattedratico, volto al monologo mono-tono, su tematiche preistoriche, magari infarcite da latinismi pedanti e senza contesto, non ci vuole una formazione pestalozziana per capire che poca reazione e relazione otterremmo, direi anche se ci trovassimo in un contesto universitario. Non capita anche a noi, "specialisti della cultura", di seguire a fatica conferenze magari su tematiche interessanti, ma "vendute" male? Quindi prioritarie sono le tecniche della comunicazione, quelle dell'ethos, del logos e del pathos, che si rifanno nientemeno che alla retorica classica, applicata ai tempi moderni. Un preside una volta mi disse che l'insegnante in classe deve assumere l'aspetto di un attore, deve "recitare" abilmente le sue conoscenze, e questo già di per sé sortirà degli effetti, se non altro nella curiosità di chi ascolta.
Ma, oltre a ciò, come possiamo sposare la tesi che la cultura umanistica sia "finita"? Non esiste anche la visita virtuale di musei e di biblioteche polverose? Anche gli archivi storici si sono attrezzati in questo senso. 
Non capisco perché per evoluzione si debba per forza considerare cancellazione del passato e verso quale futuro, mi chiedo. La sensibilità rimane, il gusto estetico cambia ma non si perde, la curiosità è la molla di ogni apprendimento, la meraviglia... Con una sapiente mediazione, i nostri giovani sentono l'esigenza di ricercare l'etimologia delle parole, anche per loro spesso "incipit vita nova" di fronte a nuovi amori, si sentono "cosmopoliti" e sposano il concetto di "tolleranza" voltairiano e non quello che ha assunto nei tempi moderni.
"La follia di Orlando", per tornare al Rinascimento, li coinvolge interamente e anch'essi ascoltano quel brano letterario "al sasso indifferenti".
Perché impedire loro di entrare in intimo contatto con la più bella arte della tradizione? Anch'io li immagino su un aereo alla conquista del mondo, ma con la testa spessa e non punzecchiata da mille stimolazioni, tutte sincroniche, tutte approssimative.
Una traccia che sono solita assegnare ai miei studenti è: quale scrittore del passato o personaggio storico puoi considerare oggi tuo amico? E quando spiego li esorto a riportare nella loro modernità i contenuti datati. Cosa dice a te, qui e ora, questo pensiero?
Magari escono fuori le rielaborazioni più fantasiose, ma per me questa è la modernità: un presente volto al futuro, ma ancora amico del passato.

lunedì 5 novembre 2012

No, caro Lodoli! di Maurizio Tiriticco


da http://www.edscuola.eu/wordpress/?p=12532]

No, caro Lodoli!
di Maurizio Tiriticco

Non è affatto vero che ormai l’Umanesimo sia giunto alla sua fine! Almeno così si esprime il titolo de “la Repubblica” di ieri 31 ottobre! E a caratteri cubitali! Vado a vedere l’incipit e leggo che una professoressa lamenta di non esistere più, di essere diventata invisibile! “Entro in classe, comincio a spiegare e subito mi accorgo che nessuno mi ascolta!… La mia voce non gli arriva, parlo e vedo le parole che si dissolvono nell’aria e dopo un poco mi sembra che anch’io mi dissolvo”. Mi chiedo: la stessa cosa non potrebbe dirla anche la professoressa di matematica? E allora anche la cultura scientifica si sarebbe dissolta? Ma che test è, caro Lodoli? Due insegnanti che insistono nel fare la lezione di sempre possono costituire un test per saggiare lo stato della cultura e della ricerca nel nostro Paese? Non viene in mente alla nostra collega che forse è la sua lezione che ammorba e non i contenuti che intenderebbe “trasmettere”? Lo so che un vecchio e stantio adagio considera la cultura come un qualcosa che si trasmette e che l’insegnante sarebbe il mezzo per questa trasmissione! Ma è proprio così? Forse una volta poteva essere così! L’alunno era un numero riportato su un registro, braccia conserte su un banco scomodissimo, grembiule nero e fiocco bianco, zitto e mosca, come si suol dire. E l’insegnante che in/segna, che lancia parole che dovrebbero segnare la testa dell’alunno! E poi interroga per verificare che ciò che ha detto sia stato debitamente segnato, registrato, restituito! La scuola di un tempo, della cattedra e dei banchi, di chi parla e di chi ascolta! Ma è proprio vero che questo modello di scuola sia ancora valido e produttivo? Sempreché lo sia stato anche nel passato? Alla tua professoressa, di lettere o di matematica, non viene in mente che anche le cose più interessanti del mondo, quando dette e raccontate, possano solamente annoiare e ammorbare?

Molti anni fa l’unico modo per accedere a un qualcosa di culturale era la scuola: giornali, riviste, libri erano solo per pochi; e non c’era né radio ne telefono né la televisione! E neanche la luce elettrica! E l’Umanesimo, quello della nostra proff, riguardava più o meno l’un per cento della popolazione. Se il 90% della forza lavoro – appena 100 ani fa – attendeva al lavoro dei campi, che necessità aveva di leggere, scrivere e far di conto? Le tecniche di lavorazione erano trasmesse praticamente di padre in figlio! E l’analfabetismo raggiungeva quote percentuali altissime! E l’Umanesimo? Ma che roba è? Finalmente venne la scuola! E insegnare a leggere e scrivere, trasmettere cultura e “fare lezione” erano forse funzionali a quel contesto socioculturale assolutamente deprivato, ma oggi?! Tutto è profondamente cambiato! Tutto soprattutto nella testa, negli atteggiamenti e nei comportamenti dei nostri ragazzi, esposti quotidianamente a stimoli di diversa natura e di forte impatto! Come possiamo pensare che a scuola si possa tenere una lezione come si poteva e, forse, si doveva fare un tempo? Lo spazio vitale di un tempo era piccolo piccolo! Anche per me negli anni Trenta dello scorso secolo l’Africa e l’America erano terre lontane, immaginate e sognate! Le coordinate spazio-temporali in cui si muovevano i nostri nonni erano estremamente ristrette: la stessa Milano era lontana da Roma anni luce; e il tempo o era quello di ieri o quello della storia raccontata dai libri, o meglio dai libri di testo che spesso erano gli unici che “abitavano” in una casa! La lezione cattedratica era qualcosa di insolito, di nuovo, a volte anche di coinvolgente! Ma oggi? Quanti sono gli stimoli a cui sono esposti i nostri ragazzi? Lo spazio soprattutto sembra non avere più confini e Sharm el Sheik è alla portata di mano! Un tempo a volte si viveva un’intera vita senza avere mai visto il mare!

E allora di che si lamenta la nostra professoressa di lettere? L’Umanesimo è morto perché una classe intera si abbiocca costretta ad ascoltare le sue parole? Non andiamo oltre a scomodare i massimi sistemi! Non è morto l’Umanesimo! Non è morta la ricerca scientifica! E’ morto un modello di scuola! E’ morto un modello di insegnamento! Non le viene in mente che la cultura non si trasmette, ma si sollecita, si accende, si provoca, si fa costruire, si costruisce insieme? Si è mai chiesta la proff di Lodoli che cosa sia la didattica laboratoriale? Non sta a me entrare nel merito! Ma sia le Indicazioni nazionali che le Linee guida – le conosce la nostra proff? – ne parlano diffusamente! E dovrebbero porre qualche interrogativo alla nostra proff! Che si lamenti di meno e che si aggiorni di più! E impari a stabilire rapporti diversi con i suoi alunni! E vedrà che saranno capaci di appassionarsi! Purché i nostri ministri la piantino di tagliare fondi alla scuola di cui , invece, ha un estremo bisogno! Anche per aggiornare la nostra proff!


(1.11.2012)

Addio cultura umanista: per i ragazzi non ha senso. Marco Lodoli


 http://www.repubblica.it/speciali/repubblica-delle idee/edizione2012/2012/10/31/news/addio_cultura_umanista_per_i_ragazzi_non_ha_senso-45646258]


Addio cultura umanista: per i ragazzi non ha senso
di Marco Lodoli

Noi insegnanti parliamo di autori e temi che ai giovani sembrano polverosi e malinconici. È come se l’oceano di passato che ha tenuto insieme generazioni non riuscisse ad arrivare al presente. Non è detto però che il disinteresse per la tradizione sia una pura sciagura


“IO NON ESISTO più, sono diventata invisibile”, mi dice una professoressa con la voce spezzata e gli occhi umidi. “Entro in classe, comincio a spiegare e subito mi accorgo che nessuno mi ascolta. Nessuno, capisci? E così per giorni, mesi, forse per tutto l’anno. La mia voce non gli arriva, parlo e vedo le parole che si dissolvono nel-l’aria, e dopo un poco mi sembra che anch’io mi dissolvo, resta solo un senso di impotenza, di fallimento”. Quante volte negli ultimi anni ho raccolto dai miei colleghi sfoghi di questo genere: professori di lettere, storia, filosofia, arte che si sono ben preparati per la loro lezione e che finiscono a parlare nel vuoto, come radioline lasciate accese in un angolo, e a poco a poco si scaricano, si spengono malinconicamente. Perché accade questo, perché sembrano saltati i ponti e le rive si allontanano sempre di più? A riguardo mi sono fatto un’idea.

Finita, esaurita, muta, forse non proprio morta e sepolta ma di sicuro messa in cantina tra le cose che non servono più: la cultura umanista sembra aver concluso il suo ciclo, ai ragazzi non arriva più niente di tutto quel mondo che ha ospitato e educato generazioni e generazioni, che ha prodotto una visione del mondo complessa eppure sempre animata dalla speranza di poter spiegare tutto nel modo più chiaro, adeguato alla mente dell’uomo, alle sue domande, ai suoi timori. Finito, possiamo mettere una pietra sopra alla filosofia greca, alla potenza e all’atto, alla maieutica e all’iperuranio, alla letteratura latina, alla poesia italiana da Petrarca a Luzi, al pensiero cristiano e a quello rinascimentale, con le loro differenze e le loro vicinanze, ai poemi cavallereschi e agli angeli barocchi, all’idealismo tedesco e al simbolismo francese, a Chaplin e Bergman, Visconti e Fellini: è tutto precipitato giù per le scale buie della cantina, tutto scaraventato alla rinfusa nel deposito degli oggetti perduti. È chiaro che da qualche parte, in un eccellente liceo classico, esiste e resiste un ragazzo che legge Platone, scrive sonetti, suona il violino e studia la pittura di Raffaello, la vita per fortuna si diversifica per avanzare. Ma per la stragrande maggioranza dei ragazzi di oggi tutto il patrimonio culturale del nostro paese non significa più niente. È un universo in bianco e nero, malinconico, pensante e dunque pesante, polveroso come una parrucca. E non serve che gli adulti lo lucidino per farlo apparire più vivo: se brilla lo fa come una bara.

È così, c’è poco da fare, l’oceano del passato non arriva più a lambire la spiaggia del presente. Anche Huckleberry Finn rifiuta la storia di Mosè e della manna nel deserto quando scopre che Mosè è morto da secoli, della gente morta un ragazzo non sa che farsene, dice Huck e forse ha ragione. Ma per la mia generazione, e quella di mio padre, e quella di mio nonno - e più indietro non vado - il passato non era un tempo che svaniva insieme ai foglietti del calendario. Certi morti non erano mai morti. Fossero gli eroi greci o quelli del Risorgimento o Che Guevara, fosse Mozart o John Coltrane o Luigi Tenco, i grandi continuavano a vivere nell’immaginazione e nella riconoscenza dei ragazzi. Una catena d’acciaio o una ghirlanda di fiori univa il meglio al meglio, la bellezza alla speranza, la forza alla fiducia. Leggevo Dostoevskij e Tolstoj come se fossero dei fratelli maggiori, non li collocavo nel regno cupo dei morti, le loro parole erano vive, non sussurrate da un tempo lontanissimo fino a perdersi nell’incomprensibilità. E i quadri di Bellini e quelli di Morandi entravano a far parte dello stesso museo interiore, ogni giorno una nuova opera si sistemava su una parete vuota: e le pareti erano infinite, come le meraviglie del passato.

Oggi i ragazzi non si voltano più indietro, gli prende subito la tristezza perché alle spalle avvertono solo un cimitero degli elefanti. La vita è adesso, qui e ora, e poi di nuovo qui e ora, e quello che è stato è stato, e tutte le chiacchiere dei vecchi sono fumo nel vento. Il presente si nutre di se stesso, digerisce se stesso e va avanti. L’arte, il pensiero, la letteratura dei secoli andati è lenta, è puro impedimento vitale, ruminamento in epoca di fast food. Naturalmente anche la politica esce con le ossa rotte dalla fabbrica delle nuove produzioni mentali e sentimentali: anche la politica è fumo nel vento. Questa è la stagione del desiderio, dell’onnipotenza tecnologica, dei corpi che vanno più veloci del pensiero, è la stagione del disprezzo verso ogni forma di misura, di armonia, di compostezza classica, di ragionamento lento e articolato. Sillogismi, rime, consonanze, prospettive, equilibri, riflessioni sulla miseria e la grandezza dell’uomo: via, giù tra le macchine da cucire e il cinema muto, tra i libri dei poeti e i fiori secchi. La cesura è netta, un taglio secco, del passato non si recupera quasi nulla, la cultura umanista finirà tutta quanta in una bella mostra a Roma o a Firenze, e ci sarà la fila per ammirare il cadavere mummificato: ma i ragazzi stanno tutti altrove, davanti a qualche schermo acceso, su qualche aereo che vola sul mondo, in un futuro che allegramente, superbamente, se ne frega di ciò che è stato e che non sarà mai più.

Non è detto che questo dichiarato disinteresse per la tradizione sia una pura sciagura. Il mondo cambia di continuo, a volte lentamente, per passaggi quasi impercettibili, a volte in modo brusco, in una sola stagione, in un minuto. I nostri ragazzi leggono altri libri, ascoltano altra musica, amano e odiano in un altro modo, ragionano seguendo strade invisibili, e noi adulti non dobbiamo solo rimproverarli perché non conoscono Cechov o Debussy, Pasolini o Bob Dylan. Dobbiamo invece assolutamente capire dove stanno andando, perché ci salutano senza nemmeno voltarsi, perché non si fidano più della nostra cultura. Oggi loro sentono che la vita è altrove e la memoria non basta a reggere l’urto con le onde fragorose del mondo che sarà, che è già qui: serve energia, e quella non la trovi più nei cataloghi e nei musei.


(31.10.2012)

domenica 9 settembre 2012

IL BRAVO A SCUOLA

Ecco, quest'estate a dominare la mia mente, quando mi capitava di pensare alla scuola e a tutti i buoni propositi per il nuovo anno scolastico, è stato: chi è oggi il bravo a scuola? Ossia, a chi si può e si deve dare 8, 9 o 10?
Almeno per me chi è bravo? Chi sa tutto? Chi fa sempre i compiti? Chi non sbaglia una verifica? Eppure a volte i collezionisti di ottimi voti fuori della scuola risultano imbranati, magari nel prendere un autobus, nel difendersi di fronte a varie circostanze, nel cavarsela da sé, non è sempre così, ma mi è capitato di conoscerne alcuni. Oppure, ha senso avere tutti nove e dieci e non salutare insegnanti e compagni, imbrattare muri, non essere puntuali nelle scadenze, non rispettare un minimo di regolamento? Sappiamo che succede anche questo. E chi è scaltro fuori e dentro la scuola, o puntuale e preciso ma affatto studioso, prenderà mai il massimo dei voti?
La mia vuole sembrare una provocazione, ma credetemi, non lo è. La parola chiave per me è "valutazione", che concretamente deve chiamare in causa tutte le competenze della persona. E' vero, c'è il voto di condotta che valuta i comportamenti, ma può avere senso un quadro pienamente positivo con un 7 in condotta? Trattasi allora di studente erudito, informato, non colto, educato. Il mediocre con il 9 in condotta invece mi sa tanto di poverino, che non si sa muovere ma nemmeno disturba. E mi viene da aggiungere allora, cosa valutiamo con la condotta?
Non mi dilungherò oltre, ho in mente un alunno che sa le cose per il piacere di saperle e di poterle usare, che rispetta le regole perché sono utili a partire da lui e che è sveglio sempre, perché la scuola gliel'ha insegnato. 
Di certo, una verifica sui contenuti da 10, non fa per me un alunno da 10. 

sabato 8 settembre 2012

MEZZO PIENO O MEZZO VUOTO. DA CHE PARTE STAI?


La recente tornata degli scrutini per gli allievi dal giudizio sospeso, ha riproposto l’antica questione della valutazione e dei lavori dei Consigli di Classe. 
Non voglio soffermarmi sulla modalità attraverso cui ogni docente arriva alla formulazione del giudizio complessivo e finale. Modalità quanto mai incerta e difficilmente riconducibile,allo stato delle cose, a parametri di effettiva oggettività, quindi ripetibilità e coerenza. 
Premettendo che la stragrande maggioranza cerca di fare la cosa migliore, ciò che  accade è chiarificatore del terreno scivoloso  che si percorre.
Il problema non si pone per gli studenti tutti o quasi tutti “sufficienti” o quasi tutti “insufficienti”. Il problema, è   per quegli studenti, non pochi né marginali,  che si trovano nelle “terre di mezzo”. Ovvero terre di nessuno e a seconda della composizione del Consiglio ora  vengono spinti  verso la spiaggia della salvezza ora condannati a ripetere l'anno, sempre che non decidano di abbandonare la scuola.
Questo accade perché nei Consigli di Classe, si contrappongono quelli che un tempo si erano soliti chiamare  “falchi” e  “colombe”. I falchi sono quelli dalla mano pesante e dalla insufficienza facile, le colombe, invece, quelli dalla sufficienza più facile.
Utilizzare le due incolpevoli bestioline per descrivere ciò che accade è  fuorviante. Perché si presume che nei primi risieda il rigore e quindi la serietà e nei secondi invece un atteggiamento più blando e compiacente. 
Le cose, però, non stanno così.
Preferisco individuare due categorie di docenti: i “mezzo vuotisti” e i  “mezzo pienisti”. 
A fronte di un numero importante di insufficienze i primi credono che il bicchiere sia “mezzo vuoto” per cui occorre ulteriormente riempirlo. Gli altri, invece, ritengono , spostando l’attenzione sui successi anziché gli insuccessi, che il bicchiere sia mezzo pieno e che il livello raggiunto sia un traguardo da difendere.
Chi ha ragione e chi torto? 
Ovviamente nessuno a condizione che ognuno agisca sempre secondo scienza e coscienza.  
Ma è evidente che se a prevalere sono i “mezzi vuotisti”, l’allievo non ce la fa a passare all’anno successivo, se invece numericamente prevalgono i mezzi pienisti, lo stesso allievo ha una sorte scolastica differente.
Fino a qui tutto nella norma. 
È’ legittimo che un Consiglio a maggioranza possa decidere se la preparazione complessiva di uno studente possa essere letta come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Il problema si pone quanto all’interno di un Consiglio fanno la comparsa i “mezzi vuotisti” di professione
Essi si riconoscono per alcuni indizi: 
1. Presentano un numero  elevato di insufficienze in quasi tutte le classi in cui insegnano;
2. Ritengono che lo studente sia un contenitore da riempire;
3. La  proposta di voto è frutto di una rigorosa media aritmetica, per cui la successione di voti: 6 – 5 – 4 e 4 – 5 – 6 porta loro ad attribuire il voto 5, trascurando che nel primo caso c’è un peggioramento dei risultati e nel secondo, invece, un lodevole miglioramento. Distrazione non di poco conto.
4. Sono sempre dalla parte delle insufficienze quando si tratta di ragazzi delle “terre di mezzo”, tanto da far sospettare che siano proprio loro a collocarli in quella specifica area.

In questo caso, allora il passaggio alla classe successiva non viene più determinato dal libero convincimento di un Consiglio che serenamente decide nell’interesse dell’allievo, quanto invece dalla presenza o meno di questa categoria di docenti all’interno del Consiglio. Per cui  la promozione o meno diventa solo un fattore di fortuna. 
Chi ha compreso e individuato il “mezzo vuotista” di professione (escludendo che lo si possa convincere   a modificare la funzione lavorativa da raccoglitore di insuccessi a facilitatore  del  successo dei propri allievi)  si oppone collocandosi immediatamente e spesso anche contro la propria volontà valutativa dalla parte opposta. Chi nel Consiglio, invece,  non ha questa capacità di discernimento e legittimamente utilizza la scala numerica anche negativa per esprimere un sereno giudizio, alla fine, suo malgrado si trova ad offrire il fianco a chi di professione fa il tiratore scelto e non il docente formatore.

giovedì 6 settembre 2012

dal Garante per la protezione dei dati personali. La privacy a scuola. Dai tablet alla pagella elettronica.


Mancano pochi giorni all'apertura delle scuole e il Garante per la protezione dei dati personali ritiene utile fornire a professori, genitori e studenti, sulla base dei  provvedimenti adottati e dei pareri resi, alcune indicazioni generali in materia di tutela della privacy.

 Le regole da ricordare
Obbligo del consenso per video e foto sui social network. Scrutini e voti pubblici. Sì alle foto di recite e gite scolastiche. No alla pubblicazione on line dei nomi e cognomi degli studenti non in regola coi pagamenti della retta. Su cellulari e tablet in classe l'ultima parola spetta alle scuole.

Temi in classe
Non lede la privacy l'insegnante che assegna ai propri alunni lo svolgimento di temi in classe riguardanti il loro mondo personale. Sta invece nella sensibilità dell'insegnante, nel momento in cui gli elaborati vengono letti in classe, trovare l'equilibrio tra esigenze didattiche e tutela della riservatezza, specialmente se si tratta di argomenti delicati.

Cellulari e tablet
L'uso di cellulari e smartphone è in genere consentito per fini strettamente personali, ad esempio per registrare le lezioni, e sempre nel rispetto delle persone. Spetta comunque agli istituti scolastici decidere nella loro autonomia come regolamentare o se vietare del tutto l'uso dei cellulari. Non si possono diffondere immagini, video o foto sul web se non con il consenso delle persone riprese. E' bene ricordare che la diffusione di filmati e foto che ledono la riservatezza e la dignità delle persone  può far incorrere lo studente in sanzioni disciplinari e pecuniarie o perfino in veri e propri reati.
Stesse cautele vanno previste per l'uso dei tablet, se usati a fini di registrazione e non soltanto per fini didattici o per consultare in classe libri elettronici e testi on line.

Recite e gite scolastiche
Non violano la privacy le riprese video e le fotografie raccolte dai genitori durante le recite, le gite e i saggi scolastici. Le immagini in questi casi sono raccolte a fini personali e destinati ad un ambito familiare o amicale. Nel caso si intendesse pubblicarle o diffonderle in rete, anche sui social network, è necessario ottenere il consenso delle persone presenti nei video o nelle foto.

Retta e servizio mensa
É illecito pubblicare sul sito della scuola il nome e cognome degli studenti i cui genitori sono in ritardo nel pagamento della retta o del servizio mensa. Lo stesso vale per gli studenti che usufruiscono gratuitamente del servizio mensa in quanto appartenenti a famiglie con reddito minimo o a fasce deboli. Gli avvisi messi on line devono avere carattere generale, mentre alle singole persone ci si deve rivolgere con comunicazioni di carattere individuale. A salvaguardia della trasparenza sulla gestione delle risorse scolastiche, restano ferme le regole sull'accesso ai documenti amministrativi da parte delle persone interessate.

Telecamere
Si possono in generale installare telecamere all'interno degli istituti scolastici, ma devono funzionare solo negli orari di chiusura degli istituti e la loro presenza deve essere segnalata con cartelli. Se le riprese riguardano l'esterno della scuola, l'angolo visuale delle telecamere deve essere opportunamente delimitato. Le immagini registrare devono essere cancellate in generale dopo 24 ore.

Inserimento professionale
Al fine di agevolare l'orientamento, la formazione e l'inserimento professionale le scuole, su richiesta degli studenti, possono comunicare e diffondere alle aziende private e alle pubbliche amministrazioni i dati personali dei ragazzi.

Questionari per attività di ricerca
L'attività di ricerca con la raccolta di informazioni personali tramite questionari da sottoporre agli studenti è consentita solo se ragazzi e genitori sono stati prima informati sugli scopi delle ricerca, le modalità del trattamento e le misure di sicurezza adottate. Gli studenti e i genitori devono essere lasciati liberi di non aderire all'iniziativa.

Iscrizione e registri on line, pagella elettronica
In attesa di poter esprimere il previsto parere sui provvedimenti attuativi del Ministero dell'istruzione riguardo all'iscrizione on line degli studenti, all'adozione dei registri on line e alla consultazione della pagella via web, il Garante auspica l'adozione di adeguate misure di sicurezza a protezione dei dati.

Voti, scrutini, esami di Stato
I voti dei compiti in classe e delle interrogazioni, gli esiti degli scrutini o degli esami di Stato sono pubblici. Le informazioni sul rendimento scolastico sono soggette ad un regime di trasparenza e il regime della loro conoscibilità è stabilito dal Ministero dell'istruzione. E' necessario però, nel pubblicare voti degli scrutini e degli esami nei tabelloni, che l'istituto eviti di fornire, anche indirettamente, informazioni sulle condizioni di salute degli studenti: il riferimento alle "prove differenziate" sostenute dagli studenti portatori di handicap, ad esempio, non va inserito nei tabelloni, ma deve essere indicato solamente nell'attestazione da rilasciare allo studente.

Trattamento dei dati personali
Le scuole devono rendere noto alle famiglie e ai ragazzi, attraverso un'adeguata informativa, quali dati raccolgono e come li utilizzano. Spesso le scuole utilizzano nella loro attività quotidiana dati delicati  - come quelli riguardanti le origini etniche, le convinzioni religiose, lo stato di salute - anche per fornire semplici servizi, come ad esempio la mensa. E' bene ricordare che nel trattare  queste categorie di informazioni gli istituti scolastici devono porre estrema cautela, in conformità al regolamento sui dati sensibili adottato dal Ministero dell'istruzione. Famiglie e studenti hanno diritto di conoscere quali informazioni sono trattate dall'istituto scolastico, farle rettificare se inesatte, incomplete o non aggiornate.

Roma, 6 settembre 2012

martedì 21 agosto 2012

Un semplice saluto

Sono giorni che, davanti allo schermo bianco dell'editor, tento di scrivere. Non mi piacciono i saluti retorici e "strappalacrime".
Ho cercato di rimandare ma, ora, non è più possibile.
Lunedi' partirò alla volta di Rovereto dove presterò servizio presso il Centro Formazione Insegnanti.
Una nuova esperienza molto interessante mi aspetta.
La mia avventura con Cl@ssi2.0 termina qui ma porterò con me la vostra professionalità, il vostro essere educatori, il vostro modo diverso di fare scuola, il vostro impegno e passione che avete messo in questa nostra avventura.
Un ringraziamento particolare alla Dirigente Tagliaferri, vera professionista della scuola e ad Aldo, Gina e Marco legati a me da sincero e profondo affetto.
Ormai la Mente2.0 ha lanciato i suoi semi nell'Istituto Alberghiero di Assisi e non c'è più bisogno di un progetto per far crescere i frutti....

Nel terzo luogo io sono sempre presente e voi?

Ciao a tutti!

giovedì 28 giugno 2012

Rimotivare gli studenti? Lasciamo parlare i nostri ex-alunni

E' bastato questo post nella mia bacheca per rendere facebook uno strumento prezioso per la crescita dei nostri ragazzi:
"Questo è un appello a tutti i miei ex-alunni delle tante scuole in cui ho insegnato. Vorrei che mi deste una mano a rimotivare i miei attuali allievi affinchè capiscano l'importanza della conoscenza di una lingua straniera. Vi chiedo di commentare questo post raccontando loro, brevemente, esperienze di lavoro o di studio in cui avete compreso l'importanza di queste competenze. Vorrei anche dire ai ragazzi che non si può rimandare tutto a dopo gli Esami di Stato. La frase più frequente che sento, quando sinceramente dico che uscire dalla scuola superiore senza una vera conoscenza della lingua è una grave carenza che potrebbe impedire la scelta di una strada, è: " Sì, ma tanto appena finita la scuola parto, vado all'estero e imparo la lingua". Invece queste partenze poi non ci sono o se ci sono non sono abbastanza lunghe per ottenere quello che servirebbe (per imparare bene una lingua solo in full immersion, senza frequentare una scuola, ci vuole tanto tempo). Dopo la scuola poi ci sono altri impegni, esami all'Università, ricerca di lavori per mantenersi, ecc. Forse detto da voi, invece che dalla solita brontolona.... Perchè poi non provare? Concludo con una abbraccio a tutti i ragazzi che mi hanno dato tanto affetto e che mi sembra sempre di rivedere dietro ai banchi.♥".


A pochi minuti dalla pubblicazione sono già molti i ragazzi che stanno indirettamente parlando ai miei studenti cercando di far capire loro l'importanza dell'apprendimento della lingua straniera. Racconti, battute, esperienze di ragazzi per ragazzi, una vera fonte di energia.

lunedì 25 giugno 2012

Verso una Scuol@ 2.0

E' proprio vero, una volta intrapreso questo cammino non si può più tornare indietro!

Ho cercato di immaginarlo graficamente, e dalla cl@sse2.0 alla Scuol@2.0... il passo è breve!


Ho potuto toccare con mano quanto l'esperienza 2.0 si sia rivelata trasformativa e motivante verso i ragazzi che l'hanno vissuta, grazie all'impegno dei professori che hanno animato i percorsi di apprendimento con la mediazione delle Tic e dei Social Network.
Complimenti a tutti voi studenti e docenti...che siete stati "apripista", avete lasciato impronte profonde e indelebili che altri potranno trovare e ripercorrere. A voi ora continuare... ma non più soli, lungo il percorso troverete sicuramente qualcuno pronto ad unirsi per condividere i vostri passi.

Questa è la scuola per cui vale la pena impegnarsi, appassionarsi e che ho sempre sognato.
Grazie per averla resa possibile...

Buona Strada
Luciana Buscaglia

domenica 24 giugno 2012

Riprendiamo a lavorare da Cl@sse 2.0


Cl@sse 2.0 è stata un'esperienza didattica pilotata per due anni dal Ministero della Pubblica Istruzione  che ha finanziato con 15 mila euro le scuole partecipanti.
La somma è stata solo ed esclusivamente impiegata per l'acquisto delle nuove tecnologie. Quindi, le scuole, selezionate sulla base di un convincente progetto, hanno potuto sperimentare forme nuove di didattica e forme nuove di apprendimento,  prime fra tutte quelle che si sviluppano attraverso la rete.
Questo, in premessa, per circoscrivere il senso di ciò che è stato fatto che, in sintesi, potrebbe così riassumersi: nel 2010 (un po’ prima nella scuole secondarie di primo grado) il nostro Ministero finalmente si è reso  conto che la scuola pubblica italiana aveva bisogno di una importante iniezione di tecnologia per metterla al passo coi tempi.
Si può pensare che terminato il tempo dell’ assistenza ministeriale la scuola possa prescindere dall’introduzione del web in classe?
La risposta è no. Ed è un no secco  e deciso.
Il progetto fintamente  ha fatto da apripista,  perché la pista era  già segnata prima ancora del 2010, anche se, come spesso accade, la scuola è disattenta a ciò che avviene nella vita reale.
 Se la pista già esiste ed è la strada principale, anzi l’autostrada, la scuola non può fare altro che percorrerla.
È la pista su cui giornalmente i nostri allievi si ritrovano per relazionarsi, divertirsi, apprendere, trovare risposte alle mille  curiosità, ma è anche la stessa che noi adulti-docenti percorriamo per lavoro e per interesse.

Ogni scuola, dunque, deve sviluppare entro i prossimi anni
un piano di acquisti mirato ad acquisire sempre più LIM da inserire in ogni aula;
prevedere stabili laboratori di formazione per i docenti anche attraverso la prati-ca peer-to-peer;
potenziare la linea WI-FI all’interno del perimetro scolastico;
consentire che ogni studente porti con sé il proprio tablet o laptop e che si possa collegare wireless;
promuovere laboratori di ricerca aperti;
definire progetti che spostino la didattica delle conoscenze a quella delle competenze.
Il torneo che la nostra scuola ha ideato (la prof.ssa Lipparelli lo ha ideato) “ English Team Games Diego Grassetti- 1st edition" indica proprio la strada che dobbiamo per-correre. Utilizzare le conoscenze (in questo caso di lingua  inglese, ma anche di tecnolo-gia, informatica,  diritto, letteratura ecc.ecc)  e spenderle in applicazioni concrete.  Il torneo ha consentito ad una selezione rappresentativa degli allievi della classi prime di gareggiare per creare attraverso la rete un prodotto finale. E’ stato un successo e l’entusiasmo con cui hanno partecipato è stato davvero importante a riprova che quando i nostri studenti vengono “messi in situazione” i risultati sono davvero strabilianti.

giovedì 21 giugno 2012

domenica 17 giugno 2012

Riparto da 2.0


" La contaminazione nelle scuole è avvenuta e quindi il progetto può continuare a camminare con le proprie gambe".
Questa è musica per le nostre orecchie!! Questo è quanto si legge nei profili degli insegnanti di tante classi 2.0 nel momento in cui il progetto cl@ssi 2.0 dovrebbe considerarsi concluso. Più che conclusione direi inizio e finalmente voglia di fare, rimotivazione, gusto di sperimentare, un vento nuovo che da anni ormai non si respirava più...un'opportunità preziosa per chi ama questo lavoro.

Premiare il merito è giusto, però bisogna tener conto delle condizioni di partenza

"E' FACILE ESSER BRAVI QUANDO SI STA BENE”, Margherita Hack esprime la sua contrarietà al provvedimento di premiare il merito degli alunni: “Si accentua la differenza di classe e non l'uguaglianza”.

mercoledì 30 maggio 2012

"English Team Games Diego Grassetti- 1st edition"...un'esperienza da ripetere

A distanza di 10 giorni, i ragazzi della classe 2a commerciale, classe 2.0, ci propongono un reportage fotografico per documentare e rivivere insieme i bei momenti che l'esperienza ci ha regalato. Le foto sono state commentate in lingua inglese dagli stessi protagonisti che, a tempo di record, nonostante i numerosi impegni di fine anno, hanno preparato questo documento che non ha pretese, se non quella di voler condividere momenti felici con voi. Buona visione!
 Fotovideo
Interviste dopo la gara
Al video si aggiunge il link del task che i concorrenti hanno svolto anche esso frutto della squadra 2.0.
webquest

lunedì 28 maggio 2012

Dubbi


Dopo due anni di progetto 2.0, dopo lavori di ogni tipo, accendo la lim ed apro, in una classe COMMERCIALE, la homepage della BBC per far scegliere e commentare, in lingua inglese, le principali notizie del giorno. Dopo articoli di calcio vari, due ragazze scelgono questo articolo:
Ottimo aggancio, penso, con le materie economiche e propongo: " ricopiate i titoli del grafico, attacchiamoli al muro e poi cerchiamo di capire innanzitutto cosa significano in italiano queste parole: Greek meltdown, business bankruptcies, ecc., "A questo punto uno studente, tra i migliori, mi guarda e mi dice: "Prof., io faccio tutto quello che mi chiede, lo sa... ma cosa c'entra questo con l'inglese?".
Preciso che la mia non è una delle solite critiche "Non hanno capito nulla...o non apprezzano o non hanno voglia di fare niente," perché questi ragazzi di soddisfazioni me ne hanno date.
Io cerco solo una risposta a queste mie domande: " Perchè siamo ancora a questo punto?". Perchè ancora i nostri ragazzi dividono rigidamente il sapere in discipline? Perchè è così difficile passare ad una didattica per progetti? Perchè non facciamo tacere questa benedetta campanella?

martedì 22 maggio 2012

I docenti per Brindisi


 Solidali con gli studenti, le famiglie, i docenti e tutto il personale scolastico condanniamo con profondo sdegno il vigliacco attentato di Brindisi. Oggi è stata colpita tutta la Scuola italiana e non solo l'Istituto "Morvillo- Falcone". Ci impegniamo con forza affinchè nessuno possa distruggere i nostri progetti, le nostre parole, le nostre azioni e la nostra educazione quotidiana alla legalità . 
Il Gruppo "Insegnanti" di Facebook

domenica 13 maggio 2012

UN POETA A SCUOLA
Come la scuola prepara alla vita, la vita prepara alla scuola.
D'estate, in vacanza nelle valli bergamasche, scelgo di andare alla presentazione di un libro di poesie, opera prima di un giovane scrittore del posto. E presto mi dico: questo ragazzo io lo porto a scuola...
Operaio, insofferente alla scuola professionale frequentata qualche tempo fa, accusato, tra le varie cose, di scrivere testi alternativi dall'insegnante di Italiano, ma sempre impropriamente "fuori tema", che ora pubblica un dignitosissimo libro di poesie su vari aspetti e personaggi della vita quotidiana, dove Samuel, questo il suo nome, riesce a trovare poesia. Poeta non è chi scrive poesia- dice lui- ma chi la fa, con la sua vita, i suoi colori, le sue azioni, insignificanti per molti, non per tutti però. E il non bravo a scuola di qualche tempo fa ora diventa scrittore e giornalista pubblicista.
Bella testimonianza di vita per i nostri giovani. Senza alcun impedimento di sorta, Samuel viene a scuola, ed incontra i ragazzi, che lo ascoltano rapiti, e che, cartacei o on line, lo riempiono di loro creazioni nascoste fino ad ora nei cassetti, timidamente custodite, ora finalmente venute alla luce. 
Nessuno scopo pubblicitario, né di marketing, per me e per lui, ma solo quello di far vedere di persona che "è possibile" vivere un disadattamento scolastico e poi trovare una propria soddisfazione, non essere bravi a scuola e diventare scrittori, fare gli operai e pubblicare opere. Fate trattative nella vita- dice Samuel- non scendete a compromessi. 
Un'attività pensata bene ed andata a finire meglio. Sapevate che tanti nostri futuri cuochi, maitres e receptionists ascoltano rapiti poesie, le scrivono pure, sanno cogliere aspetti reconditi di varie realtà? Magari non tutti vivranno la storia di Samuel, ma almeno qualcuno un giorno ha detto loro che "è possibile".

giovedì 26 aprile 2012

6 portatili- 23 studenti 120 minuti - compito in classe a sorpresa: Appena tornato dallo stage? Racconta ...

Ogni promessa è debito: "Se l'esperimento riesce lo pubblico, con il vostro consenso, nel blog della scuola". Entro in classe 3 ric. Appena tornati dallo stage. Dico: " Andiamo a prendere 6 portatili in aula informatica, formate dei gruppi e a turno fate delle slide che possano raccontare la vostra esperienza. Mostrate e descrivete i luoghi in cui avete operato e le cose che avete fatto. E' un compito in classe, quindi non perdete tempo". Nessuno si oppone anche perchè i 120 minuti a disposizione sono già diventati 115. Andiamo in sala computer correndo, prendiamo i portatili, scendiamo e li colleghiamo. Ognuno si sceglie un computer, non c'è tempo per litigare per la formazione dei gruppi, per scegliere l'amico del cuore. Comincia la scelta delle foto, poi comincia la selezione delle informazioni, il racconto delle proprie esperienze... "Prof. ci dà una mano? Come si dice in inglese scrivevo lettere? ...e come si dice davo indicazioni?" Ed io..."..finalmente qualcuno che mi chiede qualcosa...". Alla fine delle due ore ci siamo quasi. I primi hanno finito e si fanno da parte...entra il prof. di ricevimento e trova un caos che non ti dico...il tempo sta per scadere e chi non riesce a caricare è fuori....ma il risultato è sorprendente! http://prezi.com/8oyb1i06ffgf/prova/
Complimenti ragazzi!!!!!!!!

lunedì 23 aprile 2012

L'alternanza scuola-lavoro per dare gambe alle competenze

A breve dovremo scrivere i percorsi formativi per il secondo biennio.
Il Ministero ha pubblicato le linee guida che descrivono le competenze da generare e le conoscenze e le abilità che le sottendono.I dipartimenti per aree disciplinari, dunque, sono chiamati a sviluppare i percorsi formativi, rappresentandosi chiaramente le situazioni e i contesti (di studio, di lavoro, di vita in generale, professionali, culturali) in cui gli allievi dovranno poi spendere le conoscenze e le abilità prescelte.


Questo punto è fondamentale per aprire la scuola (finalmente) alle attività laboratoriali e ancor più ai percorsi di alternanza scuola-lavoro che possono, a mio parere, rappresentare la risposta ai nuovi quadri orari che hanno fortemente ridimensionato l’aspetto professionalizzante degli istituti professionali.


Dal prossimo anno scolastico, infatti, le ore di pratica di cucina, sala e di ricevimento subiranno un ulteriore taglio e le attuali 12 ore settimanali (erano 21, poi 18, poi 14, quindi 12) scenderanno a 6 a cui si aggiungeranno 2 ore in compresenza con alimentazione.
Occorre, quindi, con molta attenzione disegnare una nuova architettura del tempo scuola in grado di migliorare la formazione complessiva degli allievi inserendola nel contesto di alternanza scuola-lavoro da cui non solo le discipline pratiche dovranno trarre utile linfa formativa ma anche tutte le altre finalmente potranno sperimentare in campo nuove modalità di apprendimento all’interno delle situazioni “lavoro”.


L’alternanza non ha niente a che vedere con i tirocini o stage e non è un nuovo canale scolastico.
Si tratta di una modalità diversa per raggiungere obiettivi formativi già costitutivi del percorso, tramite esperienze di lavoro coerenti, pre-progettate ed incentrate sull'integrazione curriculare, che consentono l'acquisizione di crediti spendibili ai fini del percorso scolastico. E’ una combinazione vincente di attività scolastica e di esperienze assistite sul posto di lavoro (o in situazioni lavorative simulate), progettate sul piano didattico in collaborazione col mondo del lavoro e nasce dal superamento della separazione tra l'aula e il momento applicativo e si basa su una concezione in cui educazione formale, informale ed esperienza di lavoro si combinano in un unico progetto formativo.


Se la nostra scuola dovesse decidere di sposare strutturalmente l’alternanza scuola-lavoro inserendola stabilmente nei percorsi formativi del secondo biennio e del quinto anno, davvero faremo un bel balzo in avanti per spostarci dalla vecchia scuola della conoscenza a quella più efficace della competenza.

mercoledì 18 aprile 2012

lunedì 26 marzo 2012

Scuola a saldo ZERO ... quando va bene.

Ogni 100 iscritti negli istituti professionali ( mi perdonerete l’approssimazione), 10 allievi,  non si sa come sfuggiti alla pregevole selezione che dice che se sei bravo devi scegliere tutte le scuole tranne i professionali, si collocano nelle fasce alte del  profitto scolastico.
10 invece, all’opposto. Rimangono collocati ai margini del sistema formativo nell’incapacità del sistema stesso di alimentare le loro diverse intelligenze (vedi Gardner, le intelligenze multiple) e destinati ad essere impietosamente esclusi entro il primo biennio.
La pancia grande è rappresentata dai rimanenti 80.
Qui la situazione si complica, perché mediamente la metà, pur con fatica, svolge le attività richieste mentre l’altra parte neppure quelle.
I due  gruppi non hanno confini precisi ma travasano continuamente l’uno dentro l’altro fino a quando , al suono della campanella (fine dell’anno scolastico)  si ferma tutto e chi in quel momento sta dalla parte giusta  passa alla classe successiva, chi invece sta dalla parte sbagliata viene fermato.
Il gruppo che passa a sua volta si scompone in tanti sottogruppi. Ne cito alcuni.
Il gruppo che, pur raccogliendo un bel numero di insufficienze, ha dato prova di attaccamento alla scuola, mostrando frequenza continua, impegno coerente con le proprie capacità scolastiche e, principalmente, non ha creato grandi problemi disciplinari.
Un altro gruppo abbastanza esteso si è caratterizzato per gravi lacune in alcune discipline (sempre le stesse) ma anche per risultati soddisfacenti in tutte le altre. Nello scrutinio finale prevalgono le altre e rimangono le gravi lacune in discipline strategiche che non verranno mai più colmate nel corso dell’intero percorso scolastico. Quando gli appartenenti a questo gruppo giungeranno all’Esame di Stato, non è raro sentire lo stupore di colleghi che non si capacitano perché in quinta classe ancora non si sa strutturare un pensiero, comprendere un testo o fare di conto.
Vi è poi un gruppo che, pur con mille difficoltà ha tentato faticosi recuperi in parte riusciti autonomamente e in parte aiutati da una buona stella.
Un ultimo gruppo è invece figlio della dedizione, pazienza e alta professionalità dei  tanti docenti (ma non tutti) che non mollano mai la presa e che riescono a fare la differenza all’interno dei Consigli di Classe perché dal gruppo dei “perdenti” si passi a quello dei “vincenti”
Facciamo un po’ di conti:
i 10 bravi iniziali elidono i 10 non bravi; i 40 che passano alla classe successiva elidono i 40 che non ce la fanno. Il saldo finale è ZERO.
La cosa curiosa è che, se al termine di uno dei tanti faticosissimi anni scolastici, ponessimo una domanda a tutti  i docenti sulla qualità del lavoro svolto, ognuno dichiarerebbe di aver fatto bene  la propria parte e se chiedessimo  di rendere conto del grado di soddisfazione dei risultati raggiunti, in maggioranza, ognuno risponderebbe di sentirsi  terribilmente deluso.
Mi pare che qualcosa non quadri. 
Non è per caso che dobbiamo cambiare modo di fare scuola?

lunedì 5 marzo 2012

Domande impertinenti

A distanza ormai di due anni dal riordino Gelmini e dalla pubblicazione delle linee guida che avrebbero dovuto segnare il passaggio dalla vecchia alla nuova scuola, chi è in grado oggi di raccontare come ha modificato la propria attività didattica e come ha stabilito le nuove regole della valutazione?
E come si può pensare di scrivere i percorsi per il secondo biennio e l'ultimo anno se non sulla base di ciò che è stato definito per il primo biennio?
E se il primo biennio (in barba alle  linee guida) sostanzialmente ha riprodotto i percorsi antichi, anche per il secondo biennio e l'ultimo anno faremo lo stesso lavoro, ovvero di scrivere una cosa nuova e continuare a fare il vecchio?
Ma chi ha davvero capito cosa vuol dire spostare la  didattica dalle conoscenze alle competenze?
Chi affronta in classe una situazione e non più un argomento?
Chi in classe mette in situazione i propri allievi?
Come si crea un evento attribuendo compiti e responsabilità?
Chi ha davvero capito a cosa serve la propria disciplina?
Chi davvero ha compreso che nel primo biennio dobbiamo perseguire le 8 competenze chiavi di cittadinanza: imparare ad imparare; progettare; comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile; risolvere problemi; individuare collegamenti e relazioni; acquisire ed interpretare l'informazione?
E come ogni singola disciplina concorre per raggiungere queste competenze?
Come ogni insegnante sta mettendo la disciplina al servizio di queste competenze?
A queste domande urgono risposte.

venerdì 2 marzo 2012

INTERROGAZIONI-QUIZ: MA NON SIAMO AL MUSICHIERE!

Sta capitando anche a voi, cari colleghi, di osservare i nostri giovani frettolosi nel dare la risposta giusta nel più breve tempo possibile, durante le interrogazioni (per non parlare delle prove strutturate), spesso sbagliandola quella risposta, non tanto per buco di conoscenza, ma proprio per l'eccessiva "frettolosità"? Mi sembra di vederli, in quei contesti, dietro ad una postazione piena di lucine e con un pulsantone da pigiare, per vincere in velocità sull'avversario. Eh sì che, almeno nelle mie lezioni, di avversari nell'apprendimento proprio non si parla!  
La scuola del nozionismo sappiamo bene che sia più antica del Musichiere stesso, ma se mi capita di chiedere quando è stato introdotto il suffragio universale maschile in Italia, o meglio ancora, il suffragio universale senza altri aggettivi, capite bene che si tratta di una "nozione" che presuppone un ragionamento di una certa importanza, anche perché i suffragi non si ottengono così, e di conseguenze politiche e sociali troppe ne provocano. Allora perché tanti miei alunni "sparano" la risposta, senza utilizzare minimamente la propria intelligenza e poi, portati a ragionare, arrivano a quella corretta che comunque possiedono, perché altrimenti avrei chiesto altro? E mi trovo a ripetere continuamente: ragazzi, non è un quiz, dove la velocità è un importante fattore per la vittoria! I giovani, si sa, sono per il tutto e subito, è nella loro natura, ma non mi toglie dalla testa nessuno che la tipologia del quiz televisivo stia avendo la sua influenza sui loro modi di rispondere. Li avete mai sentiti dire: "L'accendiamo?"...
Allora la mia riflessione è questa. Se pochi giorni fa mi lamentavo che i nostri giovani non sono veloci nel rispettare le scadenze, oggi rovescio la prospettiva: l'interrogazione non scade, se serve tempo per dare una risposta intelligente, quel tempo utilizziamolo (per ora non considero l'alternativa che la risposta non si possegga affatto); se abbiamo tre ore per elaborare un testo scritto, quelle ore centelliniamole. Essere veloci non è sempre arrivare primi. Non ci giochiamo la bellezza di un'interrogazione ben fatta con una serie di "sparate" finali perché il cervello ha smesso di funzionare. Che le nostre interrogazioni siano sul serio colloqui orali, e non quiz televisivi, che di sicuro non farebbero audience!

mercoledì 29 febbraio 2012

Raccontami di te

Siamo ormai vicini alle vacanze di Pasqua e quindi si ha già la sensazione che la fine dell'anno scolastico non sia poi così lontana. Da adesso in poi si correrà freneticamente per recuperi, compiti e scadenze varie. Non ci sarà molto tempo per intrattenersi nella sala insegnanti e raccontarci, come spesso facciamo, di qualcosa di nuovo che abbiamo fatto, capito o qualcosa di "vecchio" che abbiamo rispolverato ed ha funzionato. Ci sono colleghi che addirittura non hanno mai incontrato altri colleghi e magari avrebbero potuto scambiarsi idee o raccontare esperienze. Ecco, io vorrei  chiedervi ora di utilizzare questo blog per raccontare l'esperienza nuova più significativa dell'anno. Qualcosa che ha reso questo anno diverso da quello precedente.
Per quanto mi riguarda,   la cosa nuova per me più significativa dell'anno è stata la maggiore collaborazione ed il confronto continuo con molti colleghi  interni, ma anche esterni. Inizialmente questi contatti sono stati dettati da molte mie incertezze perché mi sono trovata ad  affrontare situazioni nuove che mi hanno costretto spesso a dover chiedere aiuto o chiarimenti.  Risolti i problemi, ci sono stati poi i racconti ed infine le considerazioni su quanto fatto. Una mano, indubbiamente, me l'ha data anche il computer che mi ha permesso spesso di parlare con i miei colleghi anche fuori dall'orario scolastico. Oggi i miei contatti non cominciano più  solo con " Scusa, come si fa a...?" ma anche e soprattutto con " Che ne dici di fare....?

sabato 25 febbraio 2012

EDUCAZIONE ALLE SCADENZE

E' tempo, scaduto in realtà, di rinnovare le iscrizioni, di versare acconti per i "viaggi di istruzione" (voglio usare lo scolastichese), di disporre di accordi e carte giuste per iniziare gli stages. Questo è solo uno dei periodi scolastici, in cui si concentrano appuntamenti con la burocrazia. Ma poi, da poco si sono dovute riconsegnare le pagelle controfirmate, le comunicazioni per i recuperi, e quasi ogni giorno le giustificazioni delle assenze e le autorizzazioni per le uscite. Ognuna di queste operazioni ha la sua scadenza, e allora viene da dire, ma quante scadenze! Certo, alcuni periodi scolastici sembrano accanirsi, ma diciamocelo con sincerità, esiste nei nostri giovani un vero, costante, rispetto della data di scadenza? Non ci capita più spesso di doverli rincorrere affinché le carte siano in regola? Certo, per buona parte delle cose tutto è recuperabile, nessuno caccia nessuno, ma anche questa spicciola attività burocratica mi interroga fortemente. Perché è così difficile dare importanza ad una data di scadenza? (Non parlo di orari o di disciplina, per ora solo di date di scadenza). Inutile dir loro che se non porranno attenzione in certe azioni, dimenticheranno di fare richieste per i concorsi entro i tempi stabiliti, l'iscrizione all'università, o l'appuntamento di un colloquio di lavoro; sono certa che le date importanti della loro vita non le dimenticheranno. Però la scuola è vita anche in questo: se c'è scritto che la pagella debba essere riconsegnata entro cinque giorni, la pagella si deve riconsegnare entro cinque giorni! E così per tutte le altre scadenze. Come rendere interessante un contenuto simile mi resta difficile pensarlo, ma l'urgenza della sua serietà è da considerare.

venerdì 24 febbraio 2012

Esempio di lavoro nella cl@sse 2.0

Ad ogni allievo o gruppo, l'insegnante (regista) ha assegnato una giornata internazionale celebrata dalle Nazioni Unite (vedi l'elenco). La scelta è avvenuta spontaneamente: ogni studente ha scelto una giornata sulla base della propria sensibilità.
Ad ogni giornata è stato assegnato un docente tutor la cui disciplina possa offrire utili appigli per comprendere appieno il significato della giornata prescelta. In un tempo stabilito ognuno deve pubblicare sul BLOG della classe (http://secondacommercialeassisi.blogspot.com/) il POST a descrizione dell'evento e a seguire tutti i compagni inseriscono i propri commenti.
Poiché le giornate ONU spaziano dalle lingue madri alla poesia, passando per le droghe per giungere alla tutela dei diritti umani, difatto è stato coinvolto l'intero Consiglio di Classe.
Al termine del lavoro, il POST e il commento migliore verranno pubblicamente encomiati e nei giorni delle celebrazioni ogni POST e migliore commento verrà reso pubblico nel sito ufficiale della scuola e all'ingresso della scuola stessa. I lavori e i commenti saranno oggetto di valutazione da parte degli insegnati interessati.

mercoledì 22 febbraio 2012

il manifesto degli insegnanti

Nel sito di una specie di enorme collegio docenti permanente,  http://www.lascuolachefunziona.it/ , dove migliaia di insegnanti si confrontano,  raccontano le loro esperienze,  si scambiano lezioni e consigli sui metodi di insegnamento , è stato pubblicato "Il Manifesto degli insegnanti".  Sono moltissimi gli insegnanti che lo hanno firmato. Trovare un manifesto così in un sito pieno di risorse tecnologiche mi è sembrato strano...messo così, tipo le Tavole dei Comandamenti. Poi ho capito. Qualunque sia il mezzo,  lo strumento,  devo riconoscermi in queste parole, altrimenti non otterrò nulla. 
Lo "appendo" qui 



Un’iniziativa la scuola che funziona

Il manifesto

1. Amo insegnare. Amo apprendere. Per questo motivo sono un insegnante.
2. Insegnerò per favorire in ogni modo possibile la meraviglia per il mondo che è innata nei miei alunni. Insegnerò per essere superato da loro. Il giorno in cui non ci riuscirò più cederò il mio posto ad uno di loro.
3. Insegnerò mediante la dimostrazione e l'esempio, il riconoscimento dei miei errori illuminerà il mio percorso.
4. Accompagnerò i miei alunni alla scoperta della realtà che li circonda, assecondando e stimolando in ognuno di loro la curiosità e la ricerca, le domande e la passione.
5. Non potendo trasmettere ai miei studenti la verità, mi adoprerò affinché vivano cercandola.
6. Incoraggerò nei miei studenti l’impegno e la volontà di migliorarsi costantemente e di non rassegnarsi mai di fronte alle difficoltà. Io stesso provvederò a formarmi e aggiornarmi continuamente.
7. Farò in modo che la scuola sia il mondo, e non un carcere.
8. Non trasmetterò ai miei studenti saperi rigidi e preconfezionati. La mia visione del mondo mi guiderà, ma non sarà mai legge per loro. Il dubbio e la critica saranno i pilastri della mia azione educativa.
9. Promuoverò lo studio per la vita e contrasterò lo studio per il voto.
10. Raccoglierò elementi di valutazione, rifiutando approcci semplicistici e meccanici che non tengano conto delle situazioni di partenza, dei progressi, dell’impegno e della crescita complessiva del singolo alunno.
11. Lotterò affinchè la scuola sia la scuola di tutti, la scuola in cui ogni studente possa apprendere seguendo tempi e tragitti individuali. Farò in modo che i miei studenti mi scelgano e non mi subiscano.
12. Aiuterò i miei alunni a illuminare il futuro leggendo il passato e vivendo in pienezza il presente. Li aiuterò a stare nel mondo così com'è, ma non a subirlo lasciandolo così com'è.
13. Resterò fedele a questi punti in ogni momento della mia azione educativa, pronto ad affrontare e superare tutti gli ostacoli formali e burocratici che si presenteranno sulla mia strada.