mercoledì 4 gennaio 2012

UNA RIFLESSIONE

Oggi ho invitato L. a pranzo a casa mia, ogni tanto lo faccio mi sono affezionata a lei perché ha la stessa età di una persona a me molto cara. L. è una mia ex alunna ha frequentato l’Istituto Alberghiero seguendo per cinque anni una programmazione differenziata, i progressi di L. non sono stati apparentemente eclatanti, ma rispetto alla situazione di partenza aveva fatto grandi passi….riusciva da sola a raggiungere la sede scolastica, a fare piccole operazioni, a contare, leggere frasi semplici...... Dopo che L. si è diplomanta tutte le attenzioni cha aveva all’interno della scuola sono venute a mancare…L. ha concluso il suo ciclo di studi ritornando all’interno dell’ambiente familiare dove vengono a mancare certi stimoli.

Per gli alunni con disabilità la grande distanza che c’è tra la scuola e il mondo del lavoro diventa ancora più gravosa. La fine della scuola superiore comporta meno attenzioni da parte dei servizi e difficilmente riescono a trovare un impiego, si dice amaramente “non c’è posto neanche per quelli che non hanno problemi, figuriamoci per loro!”. Non parlo di un lavoro “importante” con un buono stipendio ma semplicemente di un impegno giornaliero anche di poche ore che continui a farli sentire” importanti” come siamo riusciti a farli sentire noi insegnati in un lungo lavoro durato cinque anni. Un lavoro di poche ore al giorno significa l’uscire dal nucleo familiare, il relazionarsi con altri, il curare la propria persona il non perdere ciò che hanno acquisto sui banchi di scuola quei piccoli passi per noi che per loro sono stati passi da giganti..

L. vorrebbe tornare a scuola a trovare alcuni professori e bidelli…. ma poiché nessuno l’accompagna e non sa più farlo con i mezzi pubblici come ha fatto per tanti anni…. è un po’ triste, L. ha difficoltà a scrivere semplici parole e a leggerle, a contare il numero di tartine che sono in un piatto.

L. si è diplomata due anni fa…..e come sua insegnante mi sento di avere lasciato un lavoro incompiuto…..

Carla

2 commenti:

  1. Credo che le parole del ministro Profumo possano confortare te, la tua cara L. e tutti gli insegnanti che come te sentono di avere lasciato un lavoro incompiuto quando rivedono alcuni ex alunni.
    «Vorrei che la scuola diventasse ciò che in alcuni Paesi si definisce ”civic center”, il centro civico della città. Perché non far sì che gli istituti scolastici si trasformino in centri di aggregazione del quartiere? Biblioteche aperte tutto il giorno, palestre utilizzate anche dai cittadini, luoghi per le feste dei bambini. In questo modo anche gli aspetti economici potrebbero essere affrontati diversamente, perché il Comune, i privati potrebbero investire nella scuola stessa. Compito del nostro governo, pur nella consapevolezza che il tempo a disposizione non consente di raggiungere il traguardo, è porre le basi perché questo percorso si avvii».
    Finalmente le parole di un ministro mi hanno dato speranza perchè ci indicano la strada per poter continuare a camminare insieme ed aiutare persone come L. che ogni giorno danno più senso al nostro lavoro.

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  2. Nell’attesa che i soliti proclami del solito ministro di turno si realizzino almeno al 2% del dichiarato, (siamo diventati vecchi ad ascoltare i buoni propositi dei ministri appena insediati), ipotizziamo per un attimo che L. anziché essere iscritta ad una scuola delle conoscenze fosse stata iscritta a quella delle competenze.
    La scuola delle competenze le avrebbe insegnato, in 5 anni, a svolgere tante di quelle attività all’interno del suo ambiente familiare e sociale che, terminato il ciclo scolastico, L. non avrebbe avuto difficoltà a fare da sola e con la sua famiglia ciò che in 5 anni la scuola gli aveva insegnato a fare da sola e con la sua fami-glia.
    Se L. o qualsiasi altro studente (non fa nessuna differenza essere più o meno abile) terminata la scuola fanno registrare ciò che Carla lamenta e denuncia vuol dire semplicemente che la scuola avrebbe potuto davvero diventare una grande opportunità di crescita e invece non lo è diventata.
    Unicamente perché si è spesa ( e spesso pure tanto) in attività disancorate dalla realtà.
    E torniamo al punto di partenza, su cui mi piacerebbe conoscere l’opinione di chi legge queste righe.
    Se la scuola continua ad insegnare solo come ci si comporta a scuola per passare da una classe ad un’altra, non possiamo poi stupirci che, terminata la scuola, non solo L. ma chiunque altro, si trovi fortemente diso-rientato nella vita reale e di tutti i giorni e magari in regressione rispetto all’esperienze di scuola.

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