sabato 8 settembre 2012

MEZZO PIENO O MEZZO VUOTO. DA CHE PARTE STAI?


La recente tornata degli scrutini per gli allievi dal giudizio sospeso, ha riproposto l’antica questione della valutazione e dei lavori dei Consigli di Classe. 
Non voglio soffermarmi sulla modalità attraverso cui ogni docente arriva alla formulazione del giudizio complessivo e finale. Modalità quanto mai incerta e difficilmente riconducibile,allo stato delle cose, a parametri di effettiva oggettività, quindi ripetibilità e coerenza. 
Premettendo che la stragrande maggioranza cerca di fare la cosa migliore, ciò che  accade è chiarificatore del terreno scivoloso  che si percorre.
Il problema non si pone per gli studenti tutti o quasi tutti “sufficienti” o quasi tutti “insufficienti”. Il problema, è   per quegli studenti, non pochi né marginali,  che si trovano nelle “terre di mezzo”. Ovvero terre di nessuno e a seconda della composizione del Consiglio ora  vengono spinti  verso la spiaggia della salvezza ora condannati a ripetere l'anno, sempre che non decidano di abbandonare la scuola.
Questo accade perché nei Consigli di Classe, si contrappongono quelli che un tempo si erano soliti chiamare  “falchi” e  “colombe”. I falchi sono quelli dalla mano pesante e dalla insufficienza facile, le colombe, invece, quelli dalla sufficienza più facile.
Utilizzare le due incolpevoli bestioline per descrivere ciò che accade è  fuorviante. Perché si presume che nei primi risieda il rigore e quindi la serietà e nei secondi invece un atteggiamento più blando e compiacente. 
Le cose, però, non stanno così.
Preferisco individuare due categorie di docenti: i “mezzo vuotisti” e i  “mezzo pienisti”. 
A fronte di un numero importante di insufficienze i primi credono che il bicchiere sia “mezzo vuoto” per cui occorre ulteriormente riempirlo. Gli altri, invece, ritengono , spostando l’attenzione sui successi anziché gli insuccessi, che il bicchiere sia mezzo pieno e che il livello raggiunto sia un traguardo da difendere.
Chi ha ragione e chi torto? 
Ovviamente nessuno a condizione che ognuno agisca sempre secondo scienza e coscienza.  
Ma è evidente che se a prevalere sono i “mezzi vuotisti”, l’allievo non ce la fa a passare all’anno successivo, se invece numericamente prevalgono i mezzi pienisti, lo stesso allievo ha una sorte scolastica differente.
Fino a qui tutto nella norma. 
È’ legittimo che un Consiglio a maggioranza possa decidere se la preparazione complessiva di uno studente possa essere letta come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Il problema si pone quanto all’interno di un Consiglio fanno la comparsa i “mezzi vuotisti” di professione
Essi si riconoscono per alcuni indizi: 
1. Presentano un numero  elevato di insufficienze in quasi tutte le classi in cui insegnano;
2. Ritengono che lo studente sia un contenitore da riempire;
3. La  proposta di voto è frutto di una rigorosa media aritmetica, per cui la successione di voti: 6 – 5 – 4 e 4 – 5 – 6 porta loro ad attribuire il voto 5, trascurando che nel primo caso c’è un peggioramento dei risultati e nel secondo, invece, un lodevole miglioramento. Distrazione non di poco conto.
4. Sono sempre dalla parte delle insufficienze quando si tratta di ragazzi delle “terre di mezzo”, tanto da far sospettare che siano proprio loro a collocarli in quella specifica area.

In questo caso, allora il passaggio alla classe successiva non viene più determinato dal libero convincimento di un Consiglio che serenamente decide nell’interesse dell’allievo, quanto invece dalla presenza o meno di questa categoria di docenti all’interno del Consiglio. Per cui  la promozione o meno diventa solo un fattore di fortuna. 
Chi ha compreso e individuato il “mezzo vuotista” di professione (escludendo che lo si possa convincere   a modificare la funzione lavorativa da raccoglitore di insuccessi a facilitatore  del  successo dei propri allievi)  si oppone collocandosi immediatamente e spesso anche contro la propria volontà valutativa dalla parte opposta. Chi nel Consiglio, invece,  non ha questa capacità di discernimento e legittimamente utilizza la scala numerica anche negativa per esprimere un sereno giudizio, alla fine, suo malgrado si trova ad offrire il fianco a chi di professione fa il tiratore scelto e non il docente formatore.

1 commento:

  1. Più che un tiro al bersaglio, è che, secondo me, non parliamo lo stesso linguaggio, ossia ognuno di noi persegue obiettivi a cui, mi sento di dire, crede con forza e per i quali ha lavorato l'intero anno. E questi obiettivi non sono meramente didattici e contenutistici, sono, forse esagero, etici.
    Non condannerei così duramente il lavoro dei consigli, il bello sta anche nella pluralità e il forte nel criterio di maggioranza.

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