lunedì 26 marzo 2012

Scuola a saldo ZERO ... quando va bene.

Ogni 100 iscritti negli istituti professionali ( mi perdonerete l’approssimazione), 10 allievi,  non si sa come sfuggiti alla pregevole selezione che dice che se sei bravo devi scegliere tutte le scuole tranne i professionali, si collocano nelle fasce alte del  profitto scolastico.
10 invece, all’opposto. Rimangono collocati ai margini del sistema formativo nell’incapacità del sistema stesso di alimentare le loro diverse intelligenze (vedi Gardner, le intelligenze multiple) e destinati ad essere impietosamente esclusi entro il primo biennio.
La pancia grande è rappresentata dai rimanenti 80.
Qui la situazione si complica, perché mediamente la metà, pur con fatica, svolge le attività richieste mentre l’altra parte neppure quelle.
I due  gruppi non hanno confini precisi ma travasano continuamente l’uno dentro l’altro fino a quando , al suono della campanella (fine dell’anno scolastico)  si ferma tutto e chi in quel momento sta dalla parte giusta  passa alla classe successiva, chi invece sta dalla parte sbagliata viene fermato.
Il gruppo che passa a sua volta si scompone in tanti sottogruppi. Ne cito alcuni.
Il gruppo che, pur raccogliendo un bel numero di insufficienze, ha dato prova di attaccamento alla scuola, mostrando frequenza continua, impegno coerente con le proprie capacità scolastiche e, principalmente, non ha creato grandi problemi disciplinari.
Un altro gruppo abbastanza esteso si è caratterizzato per gravi lacune in alcune discipline (sempre le stesse) ma anche per risultati soddisfacenti in tutte le altre. Nello scrutinio finale prevalgono le altre e rimangono le gravi lacune in discipline strategiche che non verranno mai più colmate nel corso dell’intero percorso scolastico. Quando gli appartenenti a questo gruppo giungeranno all’Esame di Stato, non è raro sentire lo stupore di colleghi che non si capacitano perché in quinta classe ancora non si sa strutturare un pensiero, comprendere un testo o fare di conto.
Vi è poi un gruppo che, pur con mille difficoltà ha tentato faticosi recuperi in parte riusciti autonomamente e in parte aiutati da una buona stella.
Un ultimo gruppo è invece figlio della dedizione, pazienza e alta professionalità dei  tanti docenti (ma non tutti) che non mollano mai la presa e che riescono a fare la differenza all’interno dei Consigli di Classe perché dal gruppo dei “perdenti” si passi a quello dei “vincenti”
Facciamo un po’ di conti:
i 10 bravi iniziali elidono i 10 non bravi; i 40 che passano alla classe successiva elidono i 40 che non ce la fanno. Il saldo finale è ZERO.
La cosa curiosa è che, se al termine di uno dei tanti faticosissimi anni scolastici, ponessimo una domanda a tutti  i docenti sulla qualità del lavoro svolto, ognuno dichiarerebbe di aver fatto bene  la propria parte e se chiedessimo  di rendere conto del grado di soddisfazione dei risultati raggiunti, in maggioranza, ognuno risponderebbe di sentirsi  terribilmente deluso.
Mi pare che qualcosa non quadri. 
Non è per caso che dobbiamo cambiare modo di fare scuola?

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